E´ il messaggio più forte che ci è arrivato dall´esperienza "puro visibilistica" teorizzata dalla scuola viennese, da Riegl in poi, sul finire dell´Ottocento, quando teneva già testa il problema di come interpretare le avanguardie artistiche. Indagando nel tessuto connettivo e valoriale della Capua antica ci si imbatte nell´Anfiteatro campano, con il suoi richiami prospettici alla prospettiva teorizzata dagli umanisti del quattrocento, per poi cadere nelle viscere della terra; dove sotto la città caotica della società post industriale vive il Mitreo: un tempio pagano dalle origini antichissime. Ubicato nell´omonimo vico della Capua Vetere, in una traversa di via Pietro Morelli, il Mitreo fu scoperto quasi per caso, un po´ per seguire il destino che accomuna i grandi ritrovamenti della storia, solamente nel 1922. Da allora è iniziata la corsa all´identificazione e alla classificazione del rito: il dio Mitra (Mitra Tauroctono) che uccide il toro. Uno dei pochissimi esempi ritrovati in Italia, formato da un´aula sotterranea realizzata nel II - III secolo d.C. Uno dei legami che rafforza il contatto tra Roma e le antiche civiltà orientali, da cui l´Impero, ancora imbevuto di ideali repubblicani, che hanno fatto grande la storia dei romani, ereditando quelle arcaiche e sane tradizioni, come le decanta Catone nel prendere le distanze da qualsiasi altra cultura, sembrava attratto a tal punto da eternarle in moltissime raffigurazioni. Lo spazio interno è occupato lungo i lati dai sedili per i fedeli e, al di sopra, fanno mostra di sé gli affreschi del rito di iniziazione. Il pittoricismo della scena principale invade il piccolo ambiente. La lotta tra il dio, esaltata da tratti nobili e divini, e l´animale sanguinante si carica di una teatralità manifesta, una forza espressiva ed improvvisa, un pathos, che vanno al di là della semplice concezione visiva che poteva avere l´autore dell´affresco. Confesso di non conoscerlo, probabilmente non ne abbiamo traccia, ma colgo in lui una continuità che, cronologicamente, non poteva nemmeno immaginare, con quanto accadrà in epoca più tarda. Il sangue dipinto enfatizza quello vero che scorrerà nella vasca ai piedi del dipinto al momento del sacrificio. E´ lo stesso effetto che si respira in maniera più esplicita quando si è immersi nello scenario di Piazza Navona, dando le spalle alla chiesa si Sant´Agnese in Agone, rivolgendo lo sguardo alla fontana del Bernini. L´acqua fuoriesce dalla pietra, che, a sua volta, viene modellata come se stesse catturando gli spruzzi dell´oceano. D´accordo, il paragone scavalca troppi secoli, ma il sacrificio del toro sgozzato pronto a riversare il suo sangue nella vasca sottostante è di grande effetto, che non consente di relegare l´affresco alla sola pittura romana, ma appartiene all´intero universo dell´arte, per le caratteristiche appena descritte. Le similitudini possono continuare all´infinito. Ancora una volta è la pittura manieristica a fornirci la giusta chiave di lettura. Quando penso a Baldassarre Peruzzi o a Raffaello, rispettivamente impegnati, dal secondo decennio del Cinquecento, nel completare il ciclo di affreschi nella Farnesina a Roma (Sala delle prospettive, Peruzzi; Loggia di Psiche, Raffaello) è evidente il richiamo con il mondo antico. Con le tante allusioni alla classicità. Le pareti diventano campi prospettici, dove vengono inseriti elementi naturali, mischiati alla mitologia più arcaica, che dilatano la percezione dell´ambiente interno, tanto da creare scenari sovrapposti. Anche qui l´effetto che si avverte è lo stesso dello spazio dilatato dalla figura del dio Mitra. Ma pochi lo conoscono. E´ auspicabile, in un futuro non molto lontano, che la soprintendenza preposta o le associazioni se ne facciano carico, affinché il Mitreo si possa visitare con maggiore frequenza. Attualmente si accede tramite visita prenotata, ma non c´è nessun ufficio sul posto che distribuisce informazioni o venda semplici cartoline. E il discorso è lo stesso anche per gli altri siti che vivono in ombra sparsi, qua e là, per il territorio casertano. Mi auguro che "alla grande Reggia", tanto di moda in questi giorni, si faccia finalmente il grande itinerario turistico perché, almeno nell´arte, tutte le discriminazioni restano fuori.
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